L’INTERVISTA IN LABORATORIO Ceneri pesanti: da rifiuti a risorse (End of Waste) – Ingegneria Sanitaria e Ambientale

L’INTERVISTA IN LABORATORIO Ceneri pesanti: da rifiuti a risorse (End of Waste) – Ingegneria Sanitaria e Ambientale
Il gruppo di ricerca di Ingegneria del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ingegneria informatica di “Tor Vergata” si è occupato, in particolare, di verificare il comportamento ambientale dei vari prodotti ottenuti dal trattamento di ceneri pesanti provenienti dall’incenerimento di rifiuti. Abbiamo chiesto a Giulia Costa, professore associato di Ingegneria Sanitaria e Ambientale, quale metodologia è stata adottata per effettuare i test e a Iason Verginelli, ricercatore  di Ingegneria Sanitaria e Ambientale, quali criteri sono stati applicati per interpretare i risultati ottenuti in termini di potenziale di rischio per l’ambiente e la salute umana, rischio che potrebbe derivare, ad esempio, dall’utilizzo di questi materiali come aggregati per la realizzazione di sottofondi stradali. 
LA SPERIMENTAZIONE
«La sperimentazione – spiega Giulia Costa, – è stata condotta su dieci campioni di prodotti derivanti dal trattamento di ceneri pesanti campionati da quattro diversi impianti di trattamento italiani di ceneri pesanti da termovalorizzazione di rifiuti solidi. Tali impianti producono frazioni minerali di diversa granulometria che vengono impiegati come aggregati da utilizzare in miscele bituminose o in calcestruzzi o per applicazioni a caldo, quali materie prime per la produzione di cemento. Al fine di valutare la compatibilità ambientale di tali materiali ne è stato innanzitutto analizzato il comportamento ambientale in termini di “lisciviazione”, ossia il rilascio di potenziali inquinanti per l’ambiente e la salute umana quali metalli o sali dopo contatto prolungato con una  soluzione, in genere costituita da acqua deionizzata. 
I TEST IN COLONNA E DI LISCIVIAZIONE
Quali test di lisciviazione sono stati effettuati nel laboratorio di Ingegneria Sanitaria Ambientale del DICII, Dipartimento di Ingegneria Civile e Ingegneria Informatica? 
«In particolare, per ottenere dati sul comportamento al rilascio di metalli, metalloidi e anioni in funzione del pH e del rapporto liquido/solido applicato sono stati effettuati test di percolazione in colonna, test di conformità e test di lisciviazione in funzione del pH ai diversi prodotti testati. Per eseguire il test in colonna è stata impiegata l’apparecchiatura mostrata nell’immagine sottostante. 
Tale strumentazione permette di realizzare diversi test in parallelo e di controllarne l’andamento mediante computer. «In ogni prova, che dura mediamente un mese, viene flussata acqua deionizzata attraverso la colonna impaccata del materiale da testare e viene raccolto il liquido lisciviante in uscita per diversi intervalli di rapporto liquido/solido in specifici contenitori. Tutti i lisciviati ottenuti dai diversi test effettuati sono stati analizzati per determinarne la concentrazione di metalli, metalloidi e anioni». 
LA PROCEDURA DI RISK ASSESSSMENT  
I risultati sperimentali sono stati quindi integrati in una procedura di “risk assesment” basata sull’Environmental Exposure Assesment approvato dall’European Environment Agency  (EEA) e definito dall’ European Chemicals Agency (ECHA) nell’ambito del Regolamento europeo “Registration, Evaluation, Authorisation and Restriction of Chemicals” (REACH). «Nello specifico, la procedura di valutazione sviluppata si basa sull’utilizzo combinato dei dati sperimentali ottenuti in laboratorio per valutare il comportamento ambientale dei materiali analizzati, con i modelli di trasporto e di esposizione previsti negli standard ASTM (E2081-00) e nei “Criteri Metodologici per l’applicazione dell’analisi assoluta di rischio dei siti contaminati” redatti da ISPRA (2008) per valutare la dispersione dei contaminanti nel sottosuolo in funzione dello scenario di riutilizzo considerato» – ha detto Iason Verginelli, che ha presentato i risultati dell’analisi di rischio. In particolare, è stato valutato il rischio per la salute umana legato all’ingestione di acqua di falda che potrebbe essere potenzialmente contaminata dal lisciviato prodotto dal contatto di acqua piovana con i materiali testati utilizzati per la realizzazione di un’opera civile. La procedura è stata applicata ai dieci materiali testati al fine di valutare la compatibilità ambientale in funzione di diversi scenari di utilizzo dei materiali testati. 
SCENARI DI UTILIZZO DELLE CENERI PESANTI
Sono stati definiti tre tipologie di scenario di utilizzo rappresentative di scenari di utilizzo dei materiali in forma non legata senza restrizioni (Scenario 0 “no restrictions”), come aggregato per sottofondi in applicazioni su grande scala (Scenario 1 “worst case”) o come aggregati per la realizzazione di sottofondi stradale (Scenario 2 “worst reasonable case”)  «Per ciascuno degli scenari ipotizzati sono stati calcolati i valori limite di concentrazione che risulterebbero compatibili con un rischio accettabile per la salute umana che sono stati confrontati con le concentrazioni massime rilevate per ciascun campione nelle diverse tipologie di test di lisciviazione effettuate. Sulla base di tale confronto è stata valutata la compatibilità ambientale dei materiali in funzione dello scenario di utilizzo previsto», ha affermato Verginelli. Nel caso dello scenario 2, ovvero dell’utilizzo del materiale come aggregato in forma non legata in sottofondi stradali, non sono state riscontrate criticità per nessuno dei parametri investigati per tutti i dieci campioni testati. Per il caso dello scenario dell’utilizzo del materiale in applicazioni su grande scala, la valutazione approfondita ha evidenziato alcune isolate criticità per alcuni campioni, mentre diverse criticità per tutti i campioni sono state riscontrate per lo scenario 0, caso limite, che considera un utilizzo direttamente nella falda acquifera del materiale. A conclusioni analoghe è giunto anche lo studio degli effetti eco-tossicologici dei materiali testati per organismi acquatici e terrestri. 
Le parole della ricerca:
#LISCIVIAZIONE: il rilascio di potenziali inquinanti per l’ambiente e la salute umana quali metalli o sali dopo contatto prolungato con una  soluzione
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Al via RESTART, il più importante progetto Pnrr per il settore delle telecomunicazioni

Al via RESTART, il più importante progetto Pnrr per il settore delle telecomunicazioni
Partito in questi giorni il progetto RESTARTRESearch ad innovation on future Telecommunications systems and network, to make Italy more smART – il più importante progetto nazionale Pnrr per le telecomunicazioni: un investimento da 116 milioni di euro, con 25 partner tra università, enti di ricerca e aziende.
Proposto dall’Università di Roma “Tor Vergata”, il progetto coordinato dal professor Nicola Blefari Melazzi, ordinario di Telecomunicazioni a Ingegneria  “Tor Vergata” e presidente della Fondazione che gestisce il progetto, è stato presentato al Politecnico di Milano il 26 e 27 gennaio 2023. 
GLI OBIETTIVI
Approvato dal MUR nell’agosto 2022, durerà tre anni e avrà l’ambizioso obiettivo di contribuire a delineare l’evoluzione delle Telecomunicazioni in Italia, puntando a far ripartire un settore che dispone di professionalità ed esperienze a livello di eccellenza mondiale. 
«RESTART è un’iniziativa critica e di valore strategico per l’Italia”. intende evidenziare e testimoniare il ruolo delle TLC nella nostra società: le TLC devono essere percepite dal grande pubblico per quello che sono: una risorsa essenziale, strategica per gli interessi nazionali, che deve essere affrontata con politiche adeguate e una visione a lungo termine», ha affermato il prof. Nicola Blefari Melazzi
LE MISSIONI
Il programma delle attività di RESTART si articola in sette “missioni: 1) Ricerca, 2) Laboratori; 3) Prove di Concetto e Dimostratori; 4) Innovazione e Trasferimento Tecnologico; 5) Supporto a Start-up e Spin-off; 6) Didattica e Formazione; 7) Dottorati di Ricerca; 8) Comunicazione, Standardizzazione e Soluzioni Open Source. A sua volta la missione “Ricerca” si compone di 14 progetti strutturali di grandi dimensioni a cui si affiancano 18 progetti focalizzati, con ambito più ristretto. 
I PARTNER
Gli enti coinvolti:  Università di Roma “Tor Vergata” (proponente), CNR, Politecnico di Bari, Politecnico di Milano, Politecnico di Torino, Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, Università di Bologna, Università di Catania, Università di Firenze, Università di Napoli Federico II, Università di Padova, Università di Reggio Calabria, Sapienza Università di Roma, CNIT, Fondazione Ugo Bordoni, TIM, Vodafone, Wind Tre, Ericsson, Prysmian, ITALTEL, LEONARDO, Athonet, TIESSE. https://www.fondazione-restart.it/it/partner/ 
IMPATTO SOCIALE ED ECONOMICO
«RESTART fornisce fattori abilitanti che mettono in moto circoli virtuosi e un intero settore con l’obiettivo di raggiungere, alla fine del piano, un miglioramento strutturale della ricerca nel settore, la capacità di utilizzare le TLC nei settori più diversi, realizzare  iniziative specifiche rivolte ai distretti industriali e al Mezzogiorno, attuare la trasformazione digitale di industrie/amministrazioni, creare nuove aziende e aumentare la dimensione media delle aziende, accrescere il  numero di studenti, ricercatori e professionisti delle Telecomunicazioni  
LA RICERCA NELLE TELECOMUNICAZIONI
«Stiamo vivendo un  momento storico nella ricerca delle telecomunicazioni  – ha commentato Il prof. Antonio Capone del Politecnico di Milano e coordinatore scientifico di RESTART – nel quale i cambiamenti tecnologici degli ultimi anni hanno innescato una trasformazione delle infrastrutture di comunicazione che consentono di indirizzare la ricerca verso due direzioni promettenti in termini di impatto economico: da un lato la rete di comunicazione. Che diventa programmabile spostando l’innovazione sullo sviluppo software, dall’altro  la disaggregazione della rete, che consente di sfruttare le competenze nelle tecnologie di base, anche di nicchia».

Aerospazio: conclusa la fase di progettazione con le imprese nell’ambito del bando Progetti Strategici della Regione Lazio. Ecco i 15 progetti coordinati da Ingegneria “Tor Vergata” – DICII

Aerospazio: conclusa la fase di progettazione con le imprese nell’ambito del bando Progetti Strategici della Regione Lazio. Ecco i 15 progetti coordinati da Ingegneria “Tor Vergata” – DICII
Nell’ambito del finanziamento previsto dal bando POR FESR Lazio 2014-2020 Progetti Strategici, l’Università di Roma “Tor Vergata” e l’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale hanno individuato un insieme di progetti di ricerca e sviluppo promossi da imprese nell’ambito dell’Area di Specializzazione (AdS) Aerospazio che sono compresi nell’ambito del Progetto Comune. 
I 15 progetti, finanziati da LazioInnova, sono stati coordinati dal Dipartimento di Ingegneria Civile e Informatica (DICII) di Ingegneria e hanno coinvolto anche altri Dipartimenti della Macroarea di Ingegneria.  Coordinatore tecnico-scientifico: professor Fabio Del Frate (DICII, Ingegneria “Tor Vergata”). 
Maggiori informazioni sul Bando e sul Progetto Comune vai alla pagina
Vieni a conoscere i progetti 

 

Nasce il primo parco solare con tecnologia innovativa che combina perovskite e materiali bidimensionali. I risultati su “Nature Energy”

Nasce il primo parco solare con tecnologia innovativa che combina perovskite e materiali bidimensionali.  I risultati su “Nature Energy”

I ricercatori di “Tor Vergata”, nell’ambito del progetto europeo “Graphene Flagship”, hanno contribuito alla realizzazione del primo parco solare di terza generazione costituito da pannelli solari basati su materiali innovativi come la perovskite e bidimensionali come il grafene, utilizzati in alternativa al silicio. I pannelli hanno dimostrato di poter alimentare l’attrezzatura di un laboratorio e, se collegati alla rete elettrica, di poter immettere nel sistema un’energia pari 546 kWh. I risultati sono stati pubblicati su “Nature Energy”.

di Pamela Pergolini 

 

 

Il parco solare a Heraklion, sull’isola di Creta, formato da pannelli il cui strato assorbitore è costituito da perovskite e le cui interfacce sono state ingegnerizzate con il grafene e altri materiali bidimensionali, è uno dei più estesi finora realizzati con questa nuova tecnologia fotovoltaica L’installazione nasce nell’ambito delle attività di trasferimento tecnologico del progetto di ricerca europeo “Graphene Flagship” che ha come obiettivo principale, realizzare nuovi dispositivi a base di grafene e altri materiali bidimensionali e testarli in applicazioni reali. Alla ricerca, pubblicata su “Nature Energy”, hanno lavorato l’Università di Roma “Tor Vergata” (Ingegneria e Polo solare CHOSE), l’Università Ellenica del Mediterraneo, Greatcell Solar Italia SRL, la start-up BeDimensional S.p.A., l’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), l’Istituto di Struttura della Materia del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-ISM) e l’Università di Siena.

 

Perovskite, bassi costi ed elevata efficienza

La tecnologia delle celle solari a perovskite è caratterizzata da bassi costi di produzione e da un’elevata efficienza di conversione, simile alle celle solari in silicio monocristallino di ultima generazione, che possono convertire circa il 26% dell’energia solare in elettricità. I materiali bidimensionali (2D) sono elementi fondamentali di questo dispositivo in quanto ne migliorano l’efficienza e, soprattutto, la durata, che è la chiave di volta verso l’industrializzazione di questa tecnologia.

I test eseguiti su questi pannelli hanno dimostrato che i nuovi materiali sono vantaggiosi sia in termini di prestazioni che di impatto ambientale, rappresentando un punto di svolta per la fase di commercializzazione di questa tecnologia fotovoltaica.

 

I materiali 2D

«I materiali bidimensionali, come il grafene, sono costituiti da un solo o pochi strati atomici, e da diversi anni rappresentano un tema di ricerca molto interessante perché hanno proprietà differenti rispetto allo stesso materiale quando invece è composto da molti strati», spiega Sara Pescetelli, ricercatrice del Polo Solare CHOSE – Dipartimento di Ingegneria Elettronica dell’Università Roma “Tor Vergata” che ha lavorato allo studio insieme ad Antonio Agresti, ricercatore del Polo Solare CHOSE – Dipartimento di Ingegneria Elettronica dell’Università Roma “Tor Vergata”, e primi autori dello studio. «La possibilità di utilizzare in modo semplice questi nuovi materiali bidimensionali può ispirare architetture innovative per celle solari altamente efficienti. Nel caso della ricerca in questione, sui pannelli solari di terza generazione, un altro aspetto innovativo risiede indubbiamente nell’essere riusciti a integrare ben nove pannelli solari realizzando un campo fotovoltaico con un’estensione totale di 4,5 metri quadrati. Per arrivare a questo risultato – continua Sara Pescetelli – la ricerca di “Tor Vergata” si è occupata di studiare e ottimizzare l’utilizzo dei materiali bidimensionali – forniti dall’ITT – prima all’interno di una struttura di piccola area, la singola cella, per poi estenderlo a dimensioni maggiori quale quella dei moduli, fabbricandone più di 360, che costituiscono gli elementi essenziali che compongono i pannelli.

«L’inserimento dei materiali bidimensionali per ingegnerizzare le interfacce ha migliorato sia l’efficienza che la stabilità dei pannelli solari a perovskite provandone inconfutabilmente la scalabilità. Inoltre – continua Antonio Agresti, deputy leader del progetto Spear Head 5 GRAPES (progetto Graphene Core 3) – questo lavoro costituisce un importante passo avanti nel percorso di innovazione tecnologica che la “Graphene Flagship” sta portando avanti ormai da più di un decennio nel settore del fotovoltaico. Infatti le strategie sviluppate per incapsulare e laminare i pannelli di nuova generazione assieme a quelle per la messa in opera e al monitoraggio del campo fotovoltaico ne hanno dimostrato per la prima volta il funzionamento in reali condizioni operative. Questo sarà di ispirazione – continua Antonio Agresti – per l’implementazione e il test di dispositivi avveniristici come le celle tandem perovskite/silicio già oggetto di studio nel progetto GRAPES attualmente in corso, e apre la strada verso l’implementazione dei materiali bidimensionali non solo per ingegnerizzare le interfacce del dispositivo ma anche per rimpiazzare i costosi materiali attualmente utilizzati come elettrodi delle celle solari o per aumentare la resistenza di quelli attualmente usati come incapsulanti».

I pannelli, una volta realizzati, prima di essere trasportati a Creta sono stati testati in outdoor all’Università di “Tor Vergata” presso il Laboratorio del polo solare CHOSE,  il laboratorio ESTER  “Energia Solare Test e Ricerca”, coordinato dalla professoressa Cristina Cornaro, associata di “Fisica Tecnica Ambientale” presso  il Dipartimento di Ingegneria dell’Impresa di “Tor Vergata” e anche lei nel CHOSE.

 

Sostenibilità dei consumi e del ciclo di produzione

Una volta installati i pannelli sull’isola di Creta, sono state misurate le prestazioni e la stabilità del parco solare per nove mesi, dimostrando che la potenza generata è in grado di alimentare l’attrezzatura di laboratorio. Inoltre, hanno visto che se messo in collegamento con la rete elettrica, il parco solare potrebbe immettere nel sistema un’energia pari 546 kWh, supportando così i consumi della popolazione in modo sostenibile.

Inoltre, i ricercatori sono stati in grado di dimostrare che l’uso di materiali bidimensionali come il grafene è importante per modulare le proprietà delle celle solari a perovskite “non solo nei test di laboratorio ma anche su pannelli di ampia area in condizioni reali, aumentando così la maturità di questa tecnologia”, afferma Aldo Di Carlo, direttore dell’Istituto di Struttura della Materia del CNR e Coordinatore del team  di ricerca del  Polo Solare CHOSE – Dipartimento di Ingegneria Elettronica dell’Università Roma “Tor Vergata”.

 

Sistemi fotovoltaici nei paesi caldi

I test all’aperto del nuovo parco solare hanno condotto alla produzione di una potenza in uscita superiore a 250 W, che è simile a quella sviluppata da 60 celle di silicio cristallino assemblati in pannelli solari. Inoltre, poiché la temperatura influisce sulle prestazioni dei pannelli solari, i ricercatori hanno confrontato i nuovi pannelli di perovskite/grafene con le tecnologie presenti in commercio al variare della temperatura, osservando che i nuovi pannelli hanno una caduta di tensione a circuito aperto inferiore rispetto a quelli in silicio anche quando le temperature raggiungono i 70 °C.

Questa è una caratteristica promettente che può consentire la realizzazione di sistemi fotovoltaici con efficienza di conversione elevate per applicazioni esterne soprattutto in vista del loro utilizzo nei paesi caldi.

Infine, è stata eseguita una valutazione del ciclo di vita per valutare la sostenibilità dei processi di produzione, laminazione e installazione dei pannelli solari, secondo gli standard ISO 14040-14044. I dati dimostrano che produrre 1 chilowattora di elettricità con questo parco solare ottimizzato ha un’impronta ambientale inferiore di circa il 50% rispetto all’utilizzo dei mix di elettricità attualmente utilizzati in Europa.

 

Leggi l’articolo su “Nature Energy” Integration of two-dimensional materials-based perovskite solar panels into a stand-alone solar farm

#MISSIONITALIA HORIZON EUROPE: info day nazionali sui bandi EU MISSIONS 2022

#MISSIONITALIA HORIZON EUROPE: info day nazionali sui bandi EU MISSIONS 2022
APRE, l’Agenzia per Promozione della Ricerca Europea, in accordo con il MUR, organizza l’evento #MISSIONITALIA @HorizonEurope – Info day nazionali sui bandi EUMissions 2022.
 
Due giornate, 23 e 24 giugno, con sei sessioni on line per sviscerare temi, regole di partecipazione e opportunità dei nuovi bandi in riferimento a ciascuna delle 5 EU Mission:
 
  • Adaptation to Climate Change;
  • Cancer;
  • Restore ourOcean and Waters by 2030;
  • 100 Climate-Neutral and Smart Cities by 2030;
  • A soil Deal for Europe.
 
Per registrarti all’evento vai al link