Leonardo Drone Contest, Tor Vergata ancora una volta sul podio

Leonardo Drone Contest, Tor Vergata ancora una volta sul podio

di Pamela Pergolini

Terzo posto per la squadra dell’Università di Roma Tor Vergata all’edizione 2023 del Leonardo Drone Contest. La competizione, che si è svolta a Torino pochi giorni fa (8-9 novembre), ha visto sette università italiane sfidarsi in progetti all’avanguardia basati sulla collaborazione tra droni e veicoli terrestri autonomi. Le missioni previste dalla competizione hanno lo scopo di dimostrare l’utilità dell’intelligenza artificiale nell’automazione di missioni complessa senza l’intervento di piloti e sistemi GPS.

Per il Drone Team di Roma Tor Vergata hanno gareggiato Simone Mattogno, Alessandro Tenaglia, Lorenzo Bianchi, Roberto Masocco, Giorgio Manca, Shima Akbari e Federico Oliva, dottorandi e ricercatori in Ingegneria dell’Automazione, Dipartimento di Ingegneria Civile e Ingegneria Informatica. Hanno partecipato il Politecnico di Torino (secondo posto), il Politecnico di Milano, l’Università di Bologna, la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa (primo posto), l’Università di Napoli Federico II e il Politecnico di Bari, new entry in questa edizione 2023.

«La sfida quest’anno prevedeva la collaborazione tra agenti eterogenei, in particolare un drone, un rover terrestre e una telecamera per la supervisione», racconta Lorenzo Bianchi, team leader del Drone Team dell’Università di Roma Tor Vergata per la competizione di quest’anno.  «Lo scopo era muoversi in un ambiente parzialmente noto, evitando gli ostacoli e localizzando dei target sparsi nel campo nella maniera più accurata possibile. Memori della nostra esperienza, siamo alla terza edizione, – continua Lorenzo Bianchi – abbiamo realizzato un’infrastruttura software che ci ha permesso di ottimizzare i processi di esplorazione e collaborazione tra gli agenti, siamo riusciti così a portare a termine una manche completa che ci ha garantito anche quest’anno di salire sul podio, anche se al terzo gradino».

Problemi di rete non hanno permesso alla squadra di Tor Vergata di accumulare punti anche nell’ultima manche, quella decisiva. I ragazzi di Ingegneria dell’Automazione hanno tuttavia ricevuto il premio della giuria, che ha voluto premiare la squadra per aver realizzato un’interfaccia uomo-macchina molto funzionale e professionale. 

«L’interfaccia uomo-macchina (HMI) – spiega Lorenzo – è il pannello di controllo che noi e i giudici visualizzavamo in console e che ci permetteva di monitorare in tempo reale lo stato di avanzamento della missione: la mappa dell’ambiente aggiornata dai vari agenti, il loro punto di vista, il percorso che avrebbero deciso di effettuare per esplorare l’ambiente e la localizzazione sulla mappa dei codici visivi da trovare. Siamo molto soddisfatti di aver ricevuto questo riconoscimento dopo tanto impegno su questo progetto, con il nuovo gruppo siamo alla terza partecipazione al Leonardo Drone Contest e abbiamo in bacheca quattro premi, il che ci rende particolarmente orgogliosi e desiderosi di migliorare sempre di più».

Le squadre sono state sostenute dai loro professori e dagli esperti di Leonardo. Scientific Advisor della squadra di Roma Tor Vergata è il professor Daniele Carnevale, Automazione e Robotica, Dipartimento di Ingegneria Civile e Ingegneria Informatica.

Guarda il video Leonardo Drone Contest 2023

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Auto d’epoca alimentate con carburante sintetico

Auto d’epoca alimentate con carburante sintetico

di Pamela Pergolini

Un’analisi di fattibilità tecnico-economica per la produzione di carburanti di sintesi, chiamati e-fuels o electrofuels, applicata a una nicchia di mercato del settore automotive, quella delle auto d’epoca a Roma: questa l’idea alla base della tesi di laurea triennale in “Ingegneria gestionale” discussa da Valerio Bombieri, 23 anni, romano,  – relatore il professore Giacomo Falcucci – nella seduta autunnale a.a.2022/2023. Nel suo lavoro, dal titolo “Analisi di fattibilità tecnico-economica per la produzione di e-fuels: il caso della città di Roma”, Valerio Bombieri mostra le stime effettuate per arrivare a dei valori utili per l’ipotetica produzione di combustibili sintetici e i relativi risparmi in termini di emissioni derivanti dall’utilizzo di tali carburanti nel settore delle auto d’epoca. 
D. Perché avete deciso di prendere come caso di studio proprio le auto d’epoca, è un settore che ti appassiona particolarmente?
R.
Il mondo delle auto storiche mi affascina, anche se in famiglia abbiamo soltanto  una Vespa d’epoca. A Roma il sindaco Roberto Gualtieri, per abbattere le emissioni inquinanti nella Capitale, ha vietato con un’ordinanza l’accesso alla fascia verde alle auto a benzina e diesel pre-euro 1, euro 1 ed euro 2, e ai diesel euro 3, estendendo indirettamente le limitazioni anche alle auto d’epoca. Volevamo dimostrare che un’idea di sostenibilità per questo comparto è possibile, considerando che il parco auto d’epoca italiano è una risorsa importante per il Paese dal momento che muove 104 miliardi di euro, pari al 5,4% del PIL nazionale.
D. La transizione ecologica dell’Unione europea con il “Green Deal” prevede due principali obiettivi: entro il 2030 la riduzione delle emissioni gas ad effetto serra del 55% ed entro il 2050 la neutralità climatica: emissioni nette zero. Per raggiungere tali obiettivi la decarbonizzazione dei trasporti è cruciale. La Ue ha intrapreso da tempo la strada dell’elettrificazione delle auto ma a marzo 2023 la Commissione europea e la Germania, il Paese che ha investito di più nei carburanti sintetici, hanno trovato un accordo sugli e-fuel…
R. Sì, l’intesa raggiunta consentirà di commercializzare gli autoveicoli con motori termici anche dopo il 2035 – quando scatterà il divieto di vendere auto a benzina e diesel – a condizione che siano alimentati con carburanti sinteticiin grado di garantire la neutralità climatica. Che cosa comporta la scelta degli e- fuels sul piano della produzione?
D. Che cosa comporta la scelta degli e- fuels sul piano della produzione?
R.
Gli e-fuel sono idrocarburi, come lo sono i combustibili fossili, con la differenza però che vengono realizzati sinteticamente, a partire da idrogeno e anidride carbonica. Sono a “emissione netta zero” di CO2, ma solo se l’energia elettrica usata nella loro produzione proviene da fonti rinnovabili, l’idrogeno in questo caso viene definito verde, e se la CO2 è quella già presente nell’aria. L’acqua, adattata per questo tipo di produzione, attraverso il processo di elettrolisi viene scissa in idrogeno e ossigeno, l’idrogeno viene poi combinato con il carbonio che viene prodotto, attraverso la gassificazione, dall’anidride carbonica derivata dalla biomassa. Gli e-fuel non vanno confusi con i bio-fuel, biocarburanti prodotti direttamente utilizzando il carbonio della biomasse, cioè da scarti di materia organica.
D. La produzione di e-fuels al momento risulta essere ancora molto costosa e limitata. Com’è la situazione in Europa? 
R.
Secondo il monitoraggio di e-Fuel alliance i carburanti sintetici vengono prodotti in Germania, Islanda, Spagna, Norvegia, Danimarca, Svezia. L’Italia invece ha puntato sulla produzione di biocarburanti. 
D. In quali casi, pensando in futuro di realizzare una completa mobilità verde, può essere utile l’impiego degli e-fuels?
R. Per decarbonizzare quei settori che per vari motivi dovranno utilizzare ancora per molto tempo motori a combustione interna, con l’e-fuel infatti l’infrastruttura dell’auto resta la stessa, non occorre cambiare il motore. Nel caso delle auto d’epoca questo è un aspetto essenziale perché non ne viene snaturato l’assetto. Inoltre, per il caso preso in analisi, l’investimento risulta conveniente anche dal punto di vista economico-ambientale perché permetterebbe al Comune di Roma di valorizzazione la FORSU.
D. FORSU sta per …?
R. Frazione Organica Rifiuti Urbani, l’umido per intenderci. Per produrre l’anidride carbonica necessaria nel nostro caso studio siamo partiti dalla biomassa della FORSU prodotta nel Comune di Roma.
D. È venuto il momento di fare un po’ di conti …quanto carburante sintetico occorrerebbe per far muovere l’intero parco auto d’epoca romano e quali i costi iniziali e operativi?
R. Per il nostro caso abbiamo considerato un consumo di 3 km/l per unità e 1000 km di percorrenza annua. Con tali dati la richiesta di carburante sintetico da produrre si aggira intorno ai 3.315.000 litri. Per quanto riguarda i costi, abbiamo ipotizzato che per realizzare un impianto in grado di soddisfare la domanda di elettrocarburante, in genere e-benzina o e-diesel, delle auto d’epoca presenti a Roma occorrerebbe un investimento iniziale di 17 milioni e 6 milioni di costi operativi l’anno. I risultati del nostro studio, anche nelle condizioni più pessimistiche e conservative, hanno dimostrato che il tempo di rientro dell’investimento per il Comune di Roma sarebbe al di sotto dei 9 anni, con un guadagno netto di vari milioni di euro a fine vita dell’impianto, oltre 20 anni.
D. Gli e-fuels a oggi sembrano avere un ruolo di nicchia nella mobilità del futuro se pensiamo al loro impiego per le automobili delle grandi città, ma potrebbero diventare una valida alternativa rispettosa del clima quando si tratta di aerei commerciali, camion che trasportano merci pesanti e navi portacontainer…
R. I carburanti sintetici non hanno probabilmente tutti i numeri per competere con le auto a batteria in un futuro a emissioni zero. Per le auto storiche rappresentano senz’altro la strada “green” come per le vetture di Formula 1, per poter sentire in futuro ancora il “rombo del motore”, azzerandone la carbon footprint.
 
 
 
 
 
 
 
 

World’s Top 2% Scientists, i ricercatori di Ingegneria nella classifica della Stanford University

World’s Top 2% Scientists, i ricercatori di Ingegneria nella classifica della Stanford University
La Top 2% Most Influential Scientists è un prestigioso riconoscimento che celebra gli eccezionali contributi dei ricercatori il cui lavoro ha avuto un impatto significativo nei rispettivi campi. Per Ingegneria Tor Vergata sono 35, nel complesso, i ricercatori e le ricercatrice che hanno ottenuto un posto nella classifica 2023 stilata dalla Stanford University relativa al 2% degli scienziati più citati a livello globale. Il risultato emerge dall’aggiornamento del database, accessibile al pubblico, realizzato in collaborazione con ElsevierScopus. La presenza di Ingegneria, pari a circa il 30% del 2% Top Scientists affiliati all’Università Roma Tor Vergata, si è ulteriormente consolidata dal momento che nella classifica della prima rilevazione, nel 2020, il numero dei ricercatori, afferenti ai quattro Dipartimenti dell’Area di Ingegneria, era circa la metà.  
La selezione di questa ultima rivelazione è pari a 190.000 ricercatori, profilati nel database Scopus – uno dei più importanti per le pubblicazioni scientifiche –  su circa 9 milioni di scienziati nel mondo, che si sono distinti per qualità, quantità e diffusione delle pubblicazioni all’interno delle comunità scientifiche. I ricercatori sono stati classificati in 22 aree scientifiche e 174 sottocategorie, sulla base delle informazioni bibliometriche (citazioni, h-index, hm-index corretto per la co-paternità, citazioni in articoli in diverse posizioni di paternità e indicatore composito c-score). La classifica generale fornisce due elenchi distinti: uno relativo alla “carriera” (periodo dal 1996 al 2022), l’altro che considera l’impatto della ricerca prodotta nel “singolo anno”, con riferimento alle citazioni ricevute durante il 2022.
Elenco World’s Top 2% Scientists – Ingegneria Università Roma Tor Vergata (carriera e singolo anno)
L’ elenco completo “World’s Top 2% Scientists” è pubblicato QUI 
Ingegneria – Aree scientifiche: 
Built Environment & Design
Chemistry
Clinical Medicine
Economics & Business
Enabling & Strategic Technologies
Engineering
Information & Communication Technologies
Physics & Astronomy
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LivGemini di Ingegneria Tor Vergata vince la Start Cup Lazio 2023

LivGemini di Ingegneria Tor Vergata vince la Start Cup Lazio 2023

di Pamela Pergolini

L’idea imprenditoriale LivGemini è la prima classificata tra i “team dei ricercatori” alla Start Cup Lazio 2023 nell’ambito dell’edizione 2023 del PNI Premio Nazionale per l’Innovazione promosso dall’associazione nazionale PNICube.  La start-up, categoria “Life Sciences – MED Tech”, mira a fornire uno strumento innovativo di prevenzione, diagnosi e monitoraggio dell’aneurisma dell’aorta basato su Medical Digital Twin. I vincitori che l’hanno fondata, l’ing. Leonardo Geronzi, dottorando Ingegneria Università di Roma Tor Vergata per il progetto europeo MeDiTAte e il prof. Marco Biancolini del Dipartimento di Ingegneria dell’Impresa “Mario Lucertini”, andranno alla finale nazionale che si terrà a Milano nelle giornate di giovedì 30 novembre e venerdì 1° dicembre 2023.
LA COMPETIZIONE TRA SPIN-OFF DI RICERCA
Start Cup Lazio è promossa annualmente da un network che nel Lazio aggrega Enti di Ricerca, Università e qualificate imprese, organizzazioni finanziarie e associazioni, impegnate sui temi della valorizzazione imprenditoriale della ricerca e delle start-up innovative per lo sviluppo della Regione e del Paese. La competizione per spin-off di ricerca, che ogni anno seleziona in Italia i migliori progetti di impresa innovativa, coinvolge ricercatori e studenti universitari, mettendoli in relazione con imprese, organizzazioni finanziarie e del mondo dell’innovazione. I settori di innovazione, stabiliti nel Regolamento PNI, riguardano quattro categorie di premiazione “Cleantech & Energy”, “Life Sciences-MED Tech”, “ICT”, “Industrial.
DIGITAL TWIN PER L’ANALISI DEGLI ANEURISMI 
LivGemini è nata dal progetto europeo MeDiTATe, in cui il prof. Biancolini è Principal Investigator. Il progetto, guidato dall’Università di Roma Tor Vergata, mira a sviluppare un Digital Twin di anatomie vascolari per l’analisi degli aneurismi.«Alla base dell’idea imprenditoriale LivGemini è la partnership tra ingegneri, medici e aziende, in modo da integrare competenze mediche avanzate con tecniche di simulazione innovative», ha sottolineato Biancolini. I fondatori di LivGemini, dopo aver lavorato a stretto contatto con il personale medico per comprendere le esigenze chirurgiche, hanno sviluppato un prototipo basato su modellazione 3D avanzata, analisi emodinamica in tempo reale e previsioni AI, per la diagnosi e la prognosi dell’aneurisma dell’aorta.«LivGemini si propone di entrare nel mercato Medtech con l’obiettivo di superare i limiti delle metodologie esistenti e di rivoluzionare la diagnosi e il trattamento degli aneurismi mediante la medicina in-silico», ha affermato Leonardo Geronzi. LivGemini ha ricevuto anche la menzione speciale “Social Innovation”, conferita ai migliori progetti nel campo dell’innovazione sociale in base ai criteri espressi dalla normativa per le start-up innovative.
AMPLIFICATORI SPAZIALI PER SATELLITI 
Nella classifica dei vincitori, al sesto posto – dunque l’accesso alla finale del PNI 2023 è assicurato – un’altra idea imprenditoriale di Ingegneria Tor Vergata, Vexor, nella categoria “Industrial”.«Siamo un’azienda specializzata nello studio, nello sviluppo e nel collaudo di dispositivi elettronici per il settore industriale dell’elettronica dell’alta frequenza e potenza», afferma il fondatore di VEXOR Stefano Fantauzzi, dottorando Ingegneria Elettronica. «Progettiamo e realizziamo innovativi Amplificatori a Fronte d’Onda (Spatial Amplifiers), tali dispositivi in un futuro prossimo sostituiranno gli attuali trasmettitori presenti all’interno delle piattaforme satellitari. Questo permetterà di ridurre significativamente il peso del satellite e di aumentare la sua durata di vita, riducendo drasticamente i costi delle missioni spaziali».
La progettazione e realizzazione di questi dispostivi richiede non solo conoscenze in ambito elettromagnetico, ma anche in ambito termico e meccanico-strutturale. «L’approccio Digital Twin consente di sviluppare un “prototipo virtuale” del dispositivo del tutto identico a quello che sarà il pezzo realizzato. Questo permette di aumentare la precisione nella fase di realizzazione e riduce considerevolmente i costi di prototipazione».
L’associazione PNICube aggrega 53 Università e Incubatori associati, coinvolgendo 17 Regioni italiane attraverso 16 Start Cup regionali. I 28 progetti finalisti sono stati raccolti nel Libro delle idee Start Cup Lazio 2023.

 

LE PAROLE DELLA SCIENZA
MEDICINA IN SILICO: utilizza tecnologie per creare modelli computerizzati in grado di assistere nella diagnosi, predire la prognosi e simulare l’effetto delle terapie disponibili, al fine di personalizzare il trattamento. Tali tecnologie possono essere utilizzate per supportare la decisione medica per un singolo paziente (Digital Patient) o per assicurare la sicurezza e l’efficacia dei nuovi prodotti medici, riducendo l’impiego della sperimentazione animale e umana (In Silico Trials).   Il termine In Silico descrive la modellizzazione, la simulazione e la visualizzazione di processi biologici e medici nei computer, facendo riferimento al silicio impiegato nei microprocessori.
DIGITAL TWIN: un gemello digitale è una rappresentazione digitale di un oggetto fisico, persona o processo, contestualizzato in una versione digitale del suo ambiente. I gemelli digitali possono aiutare nella simulazione  di situazioni reali e relativi risultati, consentendo di prendere decisioni migliori.
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La Repubblica – L’innovazione di LivGemini basata sul Digital Twin vince la StartCup Lazio
 
 
 

Nanotecnologie: il futuro dei sensori a nanoporo per un cambio di passo nella ricerca in biologia e medicina

Blasco Morozzo Mauro Chinappi intervistati
Blasco Morozzo Mauro Chinappi intervistati

Le interviste in Laboratorio

Mauro Chinappi – Blasco Morozzo della Rocca

 

di Pamela Pergolini

I sensori a nanoporo sono alla base di dispositivi portatili – che in genere hanno l’aspetto di una chiavetta USB – per sequenziare il DNA e hanno permesso notevoli sviluppi in genomica. Ora la prossima sfida sarà utilizzare i sensori a nanoporo per l’analisi delle proteine, molto più complesse del DNA. Ed è verso questo obiettivo che punta la ricerca a cui hanno lavorato i due docenti dell’Università di Roma Tor Vergata,  Mauro Chinappi del Dipartimento di Ingegneria Industriale e Blasco Morozzo della Rocca del Dipartimento di Biologia, in collaborazione con il gruppo di ricerca guidato da Giovanni Maglia dell’Università di Groningen, in Olanda, nel Laboratorio Single-molecule biophysics.
Secondo la ricerca, pubblicata nell’ultimo numero di Nature Biotechnology 
con il titolo Translocation of linearized full-length proteins through an engineered nanopore under opposing electrophoretic force”, sarebbe possibile utilizzare i sensori a nanoporo per analizzare anche le proteine. Ad oggi, tecnologie in grado di sequenziare in modo semplice singole proteine non sono disponibili. Una tecnologia per il sequenziamento diretto di proteine potrebbe portare a una rivoluzione nella ricerca in biologia e medicina.
Per le nostre Interviste in laboratorio abbiamo chiesto agli autori della ricerca, Blasco Morozzo della Rocca, docente di Bioinformatica, e Mauro Chinappi, docente di Fluidodinamica, di raccontarci in che modo hanno lavorato insieme per cercare di capire l’efficacia di approcci ingegneristici sulla cattura e il trasporto di proteine attraverso una tecnologia innovativa come quella dei biosensori a nanoporo.

D. Qual è l’aspetto principale che lega la Biologia molecolare a questo campo dell’ingegneria, la Fluidodinamica?
R.Mauro: Nelle bionanotecnologie il confine tra le discipline è molto sfumato. In questo progetto ci occupiamo del trasporto di liquidi attraverso canali, che è tradizionalmente un argomento di cui si occupa la fluidodinamica. Nello specifico, i canali di cui ci occupiamo in questo studio sono costituiti da proteine, dunque per la loro progettazione sono indispensabili conoscenze di biologia molecolare.
R. Blasco: Nonostante il nostro inquadramento formale, abbiamo entrambi una formazione multidisciplinare e questo ci permette di poter affrontare problemi complessi con visioni complementari. È una situazione che nella scienza contemporanea si verifica sempre più spesso … fortunatamente aggiungerei.
D. Parliamo dei nanopori: quali sono le caratteristiche di questi sensori altamente innovativi, come funzionano?
R. Mauro: Un singolo poro di pochi nanometri di diametro connette due camere in cui c’è acqua e sale. Un voltaggio applicato tra le due camere causa il passaggio di ioni da una camera all’altra. La corrente elettrica associata al passaggio di ioni può essere misurata facilmente con un amperometro. Quando una molecola è nel poro, il passaggio di ioni è ostacolato e quindi passa meno corrente elettrica nel sistema, un po’ come quando cade qualcosa in un lavandino e fluisce meno acqua attraverso lo scarico.

R. Blasco: Molecole diverse danno luogo a diversi segnali elettrici. Quindi, dalla variazione di corrente elettrica è possibile identificare la molecola che in quel momento sta occupando il poro. I sensori a nanoporo per l’analisi del DNA sono ormai una tecnologia consolidata: è molto semplice portare il DNA al poro perché è una molecola carica – e quindi è possibile guidarla con un campo elettrico – ed è anche relativamente semplice controllare il suo passaggio nel poro usando dei motori molecolari. Estendere questi approcci all’analisi di proteine è molto più complesso in quanto le proteine non hanno una carica omogenea. Una delle novità del nostro lavoro è aver mostrato come sia possibile indurre la cattura e il trasporto di proteine grazie ad un fenomeno fluidodinamico noto come elettroosmosi.
D. Che significa nella pratica “ingegnerizzare” un nanoporo biologico? Il nanoporo che avete utilizzato è stato costruito appositamente per questa ricerca?
R. Mauro: Ad oggi è possibile mutare la sequenza delle proteine per generare pori che espongano al loro interno regioni cariche positivamente o negativamente. Tuttavia, capire se e quali mutazioni sono utili per un certo obiettivo non è semplice. Le nostre simulazioni hanno permesso di comprendere in che modo le modifiche della superficie interna del poro alterino il flusso di acqua (l’elettroosmosi). Ulteriori simulazioni hanno poi permesso di quantificare le forze agenti sulla proteina all’interno del poro mostrando, ad esempio, che la forza dovuta al flusso elettroosmotico può essere così intensa da permettere di catturare e trasportare proteine anche quando la forza elettroforetica è orientata in direzione opposta.

R. Blasco: Uno dei vantaggi di usare pori biologici è che la loro struttura è determinata dagli aminoacidi che la compongono, i quali a loro volta sono codificati nel DNA che si usa per la loro produzione. In questo modo è possibile creare molte combinazioni diverse e testare il loro comportamento o efficacia rispetto a una funzione che si vuole implementare. I nostri collaboratori in Olanda, in particolare Adina Sauciuc, ne hanno prodotti oltre una decina, per cercare di capire quale andasse meglio. Incrociando i dati dei modelli, degli esperimenti e delle simulazioni abbiamo identificato le combinazioni migliori per il nostro scopo.

 

D. Una domanda di biologia: qual è l’utilità di poter identificare e sequenziare proteine?
R. Blasco: Le proteine sono tra gli attori principali dei fenomeni biologici, sono le operaie, le esecutrici delle più svariate funzioni, da quelle più semplici e strutturali a quelle complesse come la trasmissione di segnali nervosi o la conversione della luce in energia chimica, tanto per fare qualche esempio. Anche se spesso si dà molta importanza al DNA e ai geni (giustamente), l’informazione che essi contengono viene “messa in pratica” dalle proteine. Queste poi subiscono altre modifiche durante la loro vita, maturano con delle modificazioni chimiche, che sono spesso associate a fenomeni di regolazione e anche all’insorgenza di patologie. Potere identificare e sequenziare le proteine, con strumenti rapidi ed efficaci, avrebbe implicazioni di vasta portata anche per la diagnosi di malattie e la cura dei pazienti.
D. Questa innovativa tecnologia ha permesso di ottenere sviluppi nel sequenziamento del DNA a partire dagli anni ‘10 del 2000, quali nuove prospettive alla ricerca può aprire questo vostro studio?
R. Blasco: Ad oggi, tecnologie in grado di sequenziare direttamente singole proteine non sono disponibili. Esistono approcci che forniscono informazioni sul proteoma, ma richiedono dei passaggi complessi. In alcune tecniche le proteine vanno tagliuzzate e ricomposte, per altre servono complessi cicli di reazioni o macchinari molto sofisticati e costosi. Una tecnologia per sequenziamento diretto di proteine potrebbe portare a un cambio di passo nella ricerca in biologia e medicina forse paragonabile a quel che è accaduto qualche decade fa con la disponibilità di sequenziatori di DNA a basso costo, i cui riflessi e ricadute si stanno raccogliendo anche ora.
R. Mauro: Il nostro studio è un tassello che potrebbe aiutare a risolvere uno dei problemi principali dei sensori a nanoporo per le proteine: la possibilità di controllare il trasporto delle proteine attraverso il poro. Fino a qualche anno fa, solo pochi gruppi di ricerca studiavano la possibilità di usare approcci nanofluidici come l’elettroosmosi per controllare il trasporto di proteine. Ora vari gruppi si stanno muovendo in questa direzione e, il nostro studio, in qualche forma, suggerisce che questa sia una direzione promettente.
D. In quali altri campi possono essere utilizzati i sensori a nanoporo?
Blasco: Ovunque siano coinvolti attori biologici! Oltre alla medicina, la microbiologia e l’ambiente mi vengono in mente tutti quei processi industriali che coinvolgono organismi, come la produzione di yogurt, vino e birra.

 

 

LE PAROLE DELLA SCIENZA
Le parole del giorno
ELETTROOSMOSI: trasporto di acqua indotto da un campo elettrico esterno, da qui il nome elettroosmosi, dal greco ὠσμός “spinta, impulso”. Immaginiamo, ad esempio, un canale sulle cui pareti ci siano, cariche fisse negative e supponiamo che in questo canale ci sia una soluzione elettrolitica (acqua e sale). Queste cariche fisse sulle pareti del canale attireranno gli ioni positivi presenti in soluzione. A questo punto avremo all’interno del canale una prevalenza di ioni positivi. Sotto l’azione di un campo elettrico esterno, questi inizieranno a muoversi e trascineranno l’acqua.
ELETTROFORESI: movimento di una particella o molecola carica indotto da un campo elettrico esterno. È un fenomeno che si usa molto, ad esempio, nelle analisi biochimiche per muovere e separare molecole (proteine, DNA) per poi identificarle.

 

Sezione trasversale del nanoporo (in bianco), attraversato dal peptide (in azzurro, con gli aminoacidi carichi in rosso per i negativi e in blu per i positivi). Il poro attraversa una membrana lipidica (strato grigio) che divide il sistema in due compartimenti, immersi in acqua e sale (sfondo viola e grigio). Se tra i due lati applichiamo una differenza di potenziale si generano forze elettroforetiche (EF) e flussi elettroosmotici (EOF). Nel sistema raffigurato i EOF riescono a soverchiare le EF permettendo la traslocazione della proteina e la sua analisi.