ACC 2023: ALGORITMO AVANZATO PER VEICOLI ELETTRICI La ricerca, pubblicata dalla rivista internazionale IEEE Control Systems Letters con il titolo “Paceijka-Like Curve-Based Speed Reference Generators for Electric Vehicles Powered by In-Wheel Motors”, riguarda il progetto di un innovativo algoritmo di controllo in grado di regolare la velocità di un veicolo elettrico con due motori sulle ruote posteriori (in-wheel motors) al fine di rispettare vincoli di sicurezza sullo slittamento. Un algoritmo avanzato di “cruise control” con un supervisore interno responsabile dell’adattamento automatico della velocità, senza avere alcuna conoscenza del coefficiente di aderenza pneumatico-strada. La rivista IEEE Control Systems Letters pubblica brevi articoli che forniscono un resoconto conciso di idee innovative riguardanti la teoria, la progettazione e le applicazioni di tutti gli aspetti dell’ingegneria di controllo.
IFAC 2023: KIDS CONTROL Dalla California al Giappone: i due ingegneri elettronici di “Tor Vergata” il prossimo mese voleranno a Yokohama per partecipare all’ IFAC 2023 – International Federation of Automatic Control, che si svolgerà dal 9 al 14 luglio. Gli ingegneri, in collaborazione con Marco Tiberti del Dipartimento di Ingegneria Elettronica, presenteranno “Kids in Control: attività educative e dispositivi per studenti delle scuole internazionali”, un workshop, incentrato sull’ingegneria dicontrollo, ideato per promuovere le competenze STEM (Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) e coinvolgere bambini dagli 8 ai 10anni. Il progetto, finanziato da IFAC Activity e sostenuto dall’IFAC Comitato tecnico 9.2. Systems and Control for Societal Impact, prevede attività e dispositivi sviluppati per migliorare il processo di apprendimento, incoraggiando la creazione di un nuovo stile di insegnamento e apprendimento, basato sulle più avanzate tecnologie digitali. Il workshop in programma a IFAC 2023 fa riferimento alla versione dedicata specificatamente alle Scuole Internazionali.
Energia sostenibile e transizione energetica anche grazie ai sistemi fotovoltaici di ultima generazione basati sulla perovskite, un minerale costituito da titanato di calcio scoperto nei Monti Urali, in Russia, alla metà dell’ottocento. L’Unione europea premia la ricerca nell’energia solare attribuendo il riconoscimento “Marie Curie Global Fellowship”, il più prestigioso del programma Marie Curie, a Luigi Angelo Castriotta, assegnista di ricerca a “Tor Vergata” presso il Dipartimento di Ingegneria Elettronica, per il progetto “EFESO” – l’acronimo sta per “Exploiting Flexible pErovskites Solar technOlogies” – che ha l’obiettivo di migliorare l’efficienza e la stabilità di moduli solari a perovskite fabbricati su substrati flessibili. La ricerca è finanziata da Marie Skodolska Curie Action (MSCA) – Bando Global Fellowship 2021 e durerà tre anni.
Abbiamo chiesto a Luigi Angelo Castriotta di raccontarci qualcosa in più del suo progetto. D.Partiamo dalla perovskite, quali sono le sue potenzialità? R. La perovskite si è rivelata un materiale energetico inorganico a basso costo più efficiente da utilizzare nelle celle solari. A differenza del silicio, la perovskite infatti può essere fabbricata a temperatura ambiente ma rispetto al silicio è notoriamente meno efficiente nel tempo: per questo motivo molte ricerche negli ultimi anni si sono focalizzate sul superamento di questa sfida».
D. L’efficienza delle celle solari a perovskite è passata dal 3% nel 2009 al 25.8% nel 2023 in soli 14 anni dalla sua scoperta, eguagliando, quasi, il record del silicio, che ha raggiunto un’efficienza del 26.1%. In che modo il progetto intende migliorare la stabilità nel tempo della perovskite e portare, dunque, questa tecnologia verso la commercializzazione? R.“EFESO” mira a rendere più duraturi i moduli solari flessibili in perovskite ottimizzando il loro processo di fabbricazione su substrati flessibili. Il progetto si articola in tre fasi principali. 1. Valutazione dei materiali – da quello che compone la perovskite, che è il semiconduttore, agli additivi, che vengono aggiunti per il suo potenziamento, ai materiali che trasportano la carica elettrica. 2. Fabbricazione e caratterizzazione dei dispositivi, riducendo le aree inattive sui moduli e lavorando sull’intrappolamento del piombo. 3. “Upscaling”, è rivolta all’ottimizzazione del design e dei processi di produzione di celle solari realizzate su grande scala per applicazioni indoor e outdoor. Questo grazie a procedure standard che permettono di creare un collegamento in serie tra le celle e ridurre le perdite di efficienza riscontrate per dispositivi di grandi superfici.
D.Nella seconda fase, quella della fabbricazione delle celle solari, si fa riferimento all’intrappolamento del piombo, perché? R. Uno degli elementi principali della perovskite è il piombo. che deve essere intrinsecamente “incapsulato” nella perovskite per evitare che a contatto, ad esempio, con l’acqua piovana, diventi tossico. Questa operazione si effettua tramite la tecnica del “drogaggio”, l’aggiunta di materiali estranei nella perovskite, e utilizzando l’ingegneria dell’interfaccia, ovvero giocando con i materiali e le loro superfici nel passaggio della perovskite dallo stato liquido a quello solido.
D. L’attività di ricerca inizierà a giugno 2023 e terminerà a giugno 2026, come si svolgerà? R. La ricerca verrà condotta in collaborazione tra l’Università di Roma “Tor Vergata” – CHOSE (Centre for Hybrid and Organic Solar Energy), l’Università del North Carolina (UNC) e l’azienda SAULE Technologies (Polonia), che si occupa dello sviluppo di celle solari innovative in perovskite. Passerò inizialmente 21 mesi negli Stati Uniti, a Chapel Hill, per poi tornare in Europa dove mi fermerò 12 mesi presso l’Università “Tor Vergata”. Infine, gli ultimi 3 mesi, lavorerò a Breslavia (Polonia), alla “Saule Technologies”.
Oltre al prestigio dal punto di vista scientifico, il riconoscimento è particolarmente importante perché per i ricercatori che hanno svolto un progetto triennale finanziato come “Marie Curie Global Fellowship”, un decreto ministeriale del 2015 prevede la possibilità di “chiamata diretta” come ricercatore di tipo b.
LE PAROLE DELLA SCIENZA La parola del giorno
DROGAGGIO s. m. [der. di drogare]. – 1. Trattamento con droghe, somministrazione di droghe, uso di droghe, cioè di stupefacenti, allucinogeni, ecc., o in genere di farmaci eccitanti. Il termine è oggi diffuso (e prevale su drogatura) soprattutto con riferimento ad ambienti sportivi, come equivalente dell’ingl. doping. 2. Per estens., nel linguaggio tecn. e scient., l’introduzione di quantità controllate di atomi estranei in un composto puro (generalm. un cristallo), al fine di modificarne le proprietà: procedura usata, per es., per determinare le caratteristiche elettriche nei semiconduttori (Fonte: Treccani)
Martedì 30 maggio, dalle ore 9.00 alle ore 18.30, nell’Aula Leonardo (Edificio Didattica – via del Politecnico, 1) si terrà l’evento “ISPE Pharma Hackathon” in collaborazione con Janssen, azienda leader nel settore farmaceutico. L’evento è rivolto a tutti gli studenti e studentesse di Ingegneria che intendono mettersi alla prova in ambito “Operational Excellence” ed è aperto a soli 50 partecipanti che saranno divisi in gruppi di lavoro e presenteranno la loro soluzione davanti a una giuria di esperti.
Tra i premi in palio: una visita nello stabilimento Janssen di Latina, un incontro con il Site Board e la possibilità di inserimento nei processi di selezione aziendale. Inoltre, tutti i partecipanti riceveranno un anno di iscrizione gratuita a ISPE –International Society for Pharmaceutical Engineering (ISPE), l’associazione internazionale no profit di professionisti del Life Science.
Iscrizioni (singolarmente o in gruppo) entro venerdì 26 maggio, fino al raggiungimento dei posti disponibili (50), a questo link
Nell’ambito delle attività di ricerca svolte in collaborazione con il Centro di Competenza Cyber 4.0, l’Università di Roma “Tor Vergata” ha realizzato l’Osservatorio “C4H – CYBER4HEALTH”, una piattaforma per la sicurezza informatica dei dispositivi medici, tra le prime al mondo nel suo genere, finalizzata a fornire una base di conoscenze tecniche e legislative sulla vulnerabilità dei dispositivi medici, soprattutto wireless, rispetto a eventuali attacchi informatici ed elettromagnetici.
“Cyber4Health”, che si rivolge in particolare a sviluppatori tecnologici, integratori di sistemi, gestori di servizi, ospedali ma anche ai pazienti, è stata presentata mercoledì 17 maggio presso la Macroarea di Ingegneria dell’Università Roma “Tor Vergata” (Aula Convegni, Edificio Didattica, Piano Terra), nell’ambito del workshop durante il quale sono stati presentati i primi risultati ottenuti con una dimostrazione dal vivo dell’utilizzo della piattaforma informatica. Sono intervenuti, tra gli altri, il rettore dell’Università di Roma “Tor Vergata” Nathan Levialdi Ghiron, il prorettore al Trasferimento Tecnologico dell’Università di Roma “Tor Vergata”, Vincenzo Tagliaferri, il presidente di Cyber 4.0, Università La Sapienza di Roma, Leonardo Querzoni.
«Possiamo distinguere due tipi di security, la Cybersecurity, che riguarda la protezione nei confronti di attacchi di natura software e la Sicurezza Fisica, che riguarda la protezione nei confronti dell’hardware, la parte elettronica dei dispositivi medici», ha chiarito fin da subito Francesca Nanni, dottoranda in Ingegneria medica all’Università di Roma “Tor Vergata che ha lavorato alla realizzazione dell’Osservatorio Cyber4Health.
I dispositivi medici, a partire dagli apparati diagnostici ospedalieri fino ai sistemi elettronici indossabili e a quelli impiantabili nel nostro corpo, costituiscono un imprescindibile strumento per la cura e la salute della persona, sia in ambiente ospedaliero sia in quello domestico. La loro rapida evoluzione li ha portati a incrociare le traiettorie delle tecnologie wireless e dei sistemi di Intelligenza Artificiale: se da un lato questo ha permesso di realizzare strumenti sempre più all’avanguardia per la salute dei pazienti, dall’altra moltiplica l’eventualità di possibili rischi per la sicurezza informatica e fisica dei dispositivi, rischi legati proprio alla varietà delle interazioni con l’esterno che questi strumenti rendono possibile.
CLASSIFICAZIONE DEI DISPOSITIVI E METODO CVSS, IL PUNTEGGIO DI VULNERABILITÀ «La piattaforma, il cuore dell’Osservatorio, è stata realizzata anche con la collaborazione del Laboratorio di Elettromagnetismo Pervasivo di “Tor Vergata” della Macroarea di Ingegneria. Se da un alto intende offrire un servizio non solo alle aziende ma a tutti coloro che si occupano dello sviluppo, della certificazione, della manutenzione e della messa in commercio riguardo alle attuali vulnerabilità, dall’altro ha l’obiettivo di innalzare il livello di consapevolezza dell’utente finale, ovvero medici e pazienti», ha affermato Francesco Lestini, dottorando in ingegneria medica a “Tor Vergata” che ha lavorato alla realizzazione della piattaforma. L’Osservatorio raccoglie dati sui dispositivi esistenti nel settore medicale proveniente, al momento, da organizzazioni governative e articoli scientifici. e fornisce in tempo realeil numero delle vulnerabilità dei dispositivimedici e degli attacchi informatici rilevati, assegnando ai sistemi utilizzati un punteggio di vulnerabilità, “Common Vulnerability Scoring System (CVSS)”: «un metodo che non misura il rischio ma la gravità delle vulnerabilità scoperte, con la possibilità per industrie, organizzazioni e governi di definire delle priorità per le attività di risoluzione di tali vulnerabilità», ha spiega Gaetano Marrocco, professore ordinario di Campi Elettromagnetici, Università di Roma “Tor Vergata” e coordinatore del corso di studi in Ingegneria Medica, Dipartimento di Ingegneria Civile e Ingegneria Informatica, che ha organizzato il workshop e moderato l’evento. La piattaforma classifica i dispositivi rispetto ad alcuni campi individuati dai ricercatori di “Tor Vergata: in base al distretto corporeo di applicazione (stomaco, suore, etc), rispetto alla tipologia di dispositivi (pacemaker, risonanza magnetica, rete ospedaliera, etc.). al tipo di attacco cyber (eavesdropping, sniffing, accesso non autorizzato, etc,), rispetto alla tipologia generica del dispositivo (impiantato, wearable, smartwatch, dispositivi ospedalieri), in base all’anno della vulnerabilità, al tipo di vulnerabilità (cyber o fisica), ma soprattutto sulla base della gravità della vulnerabilità (CVSS) e sulla classe di rischio, quattro le classi dal punto di vista della sicurezza del paziente.
ATTACCHI INFORMATICI: DAI SISTEMI INFORMATIVI OSPEDALIERI AI PACEMAKER «Ho chiesto di scrivere a ChatGPT un comunicato stampa datato 17 maggio 2028 – ha aperto così il suo intervento il professor Giuseppe Bianchi, ordinario di Telecomunicazioni a “Tor Vergata”. «Lo scenario descritto dall’Intelligenza Artificiale riguardo a probabili attacchi informatici dei dispostivi medici, seppur realistico, probabilmente non si verificherà perché l’attaccante, che in genere agisce per soldi o per distruggere infrastrutture critiche durante, ad esempio, conflitti bellici, sembra avere altri obiettivi rispetto a quello costituito dalla salute dell’individuo. Quello che però potrebbe succedere – continua Bianchi – è l’evoluzione dei ransomware, predetto già una decina di anni fa. Nel momento in cui passiamo all’Internet delle Cose (IoT) il rischio è che gli attacchi ransomware, che oggi colpiscono i dati, possano bloccare invece gli oggetti e quindi l’attaccante possa chiedere un riscatto semplicemente per sbloccare una lavatrice, il frigorifero oppure un dispositivo medico».
In campo medico le disfunzioni causate oggi ai sistemi informativi degli ospedali, spesso oggetto di attacchi hacker con richieste di riscatto, potrebbero però affliggere in un futuro non lontanissimo anche neuro-stimolatori, pacemaker, pompe di insulina e defribillatori, con conseguenze ben più dannose per la privacy e la salute del paziente. «Il tema della sicurezza cyber-fisica dei dispositivi medici assume una significativa rilevanza per produttori, ospedali e pazienti soprattutto nell’attuale e futuro scenario di crescente interconnessione», sottolinea il professor Marrocco. «Inoltre, i dispositivi medici del futuro saranno sempre più biointegrati, pensiamo all’utilizzo di protesi sensorizzate, e questo moltiplicherà la numerosità dei dispositivi medici impiegati».
DIFFONDERE UNA CULTURA DI CYBERSICUREZZA BY DESIGN L’Osservatorio vuole stimolare una cultura di “Cyber-Physical Security by Design” che, partendo dalla conoscenza delle problematiche già accertate o plausibili, possa mitigare i rischi già nella fase di definizione del dispositivo medicale e della catena di valore da esso abilitata. Il workshop, che si è articolato in una sessione più tecnica e una più regolatoria, ha fornito un punto di vista multidisciplinare sulla tematica emergente della cybersicurezza in ambito medico grazie alla partecipazione di relatori e relatrici del mondo scientifico, regolatorio, legislativo e industriale: uno scenario che ben rappresenta la complessità dello stato dell’arte e le tante sfide ancora aperte, offrendo utili spunti di riflessione e discussione.
SAFETY vs SECURITY Dai numerosi interventi che si sono avvicendati durante il workshop è emerso che tra i principali motivi di vulnerabilità nel campo dei dispostivi medici c’è l’obsolescenza tecnologica e la mancanza di aggiornamenti dei sistemi embedded, come ad esempio il macchinario per la TAC, o a livello software (atching) e che spesso i dispositivi risultano ingegnerizzati bene per garantire la safety ma non altrettanto bene per garantire la security. Cosa fare allora? Innanzitutto cominciare a diversificare le reti su cui viaggiano le informazioni e fare in modo che i tempi dei processi di aggiornamento e quelli di certificazione vadano di pari passo.
Il programma del workshop è disponibile alla pagina
Il gruppo di ricerca in Ingegneria Sanitaria e Ambientale del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ingegneria Informatica di “Tor Vergata” si è occupato di verificare il comportamento ambientale dei vari prodotti ottenuti dal trattamento di ceneri pesanti provenienti dall’incenerimento di rifiuti.
Abbiamo chiesto a Giulia Costa, professore associato di Ingegneria Sanitaria e Ambientale, quale metodologia è stata adottata per effettuare i test e a Iason Verginelli, ricercatore di Ingegneria Sanitaria e Ambientale, quali criteri sono stati applicati per interpretare i risultati ottenuti in termini di potenziale di rischio per l’ambiente e la salute umana, rischio che potrebbe derivare, ad esempio, dall’utilizzo di questi materiali come aggregati per la realizzazione di sottofondi stradali.
COMPORTAMENTO E COMPATIBILITÀ MBIENTALE
D. Come avete valutato la compatibilità ambientale dei materiali? R. La sperimentazione – spiega Giulia Costa, – è stata condotta su dieci campioni di prodotti derivanti dal trattamento di ceneri pesanti campionati da quattro diversi impianti di trattamento italiani di ceneri pesanti da termovalorizzazione di rifiuti solidi. Tali impianti producono frazioni minerali di diversa granulometria che vengono impiegati come aggregati da utilizzare in miscele bituminose o in calcestruzzi o per applicazioni a caldo, quali materie prime per la produzione di cemento. Al fine di valutare la compatibilità ambientale di tali materiali ne è stato innanzitutto analizzato il comportamento ambientale in termini di “lisciviazione”, ossia il rilascio di potenziali inquinanti per l’ambiente e la salute umana quali metalli o sali dopo contatto prolungato con una soluzione, in genere costituita da acqua deionizzata.
I TEST IN COLONNA E DI LISCIVIAZIONE D.Qualitest di lisciviazionesono stati effettuati nellaboratorio di Ingegneria Sanitaria Ambientale del DICII –Dipartimento di Ingegneria Civile e Ingegneria Informatica? R. In particolare, per ottenere dati sul comportamento al rilascio di metalli, metalloidi e anioni in funzione del pH e del rapporto liquido/solido applicato sono stati effettuati test di percolazione in colonna, test di conformità e test di lisciviazione in funzione del pH ai diversi prodotti testati. Per eseguire il test in colonna è stata impiegata l’apparecchiatura mostrata nell’immagine sottostante.
Tale strumentazione permette di realizzare diversi test in parallelo e di controllarne l’andamento mediante computer. «In ogni prova, che dura mediamente un mese, viene flussata acqua deionizzata attraverso la colonna impaccata del materiale da testare e viene raccolto il liquido lisciviante in uscita per diversi intervalli di rapporto liquido/solido in specifici contenitori. Tutti i lisciviati ottenuti dai diversi test effettuati sono stati analizzati per determinarne la concentrazione di metalli, metalloidi e anioni».
LA PROCEDURA DI RISK ASSESSSMENT D.I risultati sperimentali sono stati integrati in una procedura di “risk assesment” basata sull’Environmental Exposure Assesment approvato dall’European Environment Agency (EEA) e definito dall’ European Chemicals Agency (ECHA) nell’ambito del Regolamento europeo “Registration, Evaluation, Authorisation and Restriction of Chemicals” (REACH). Come si sviluppa tale procedura? R. Nello specifico, la procedura di valutazione sviluppata si basa sull’utilizzo combinato dei dati sperimentali ottenuti in laboratorio per valutare il comportamento ambientale dei materiali analizzati, con i modelli di trasporto e di esposizione previsti negli standard ASTM (E2081-00) e nei “Criteri Metodologici per l’applicazione dell’analisi assoluta di rischio dei siti contaminati” redatti da ISPRA (2008) per valutare la dispersione dei contaminanti nel sottosuolo in funzione dello scenario di riutilizzo considerato» – ha detto Iason Verginelli, che ha presentato i risultati dell’analisi di rischio. In particolare, è stato valutato il rischio per la salute umana legato all’ingestione di acqua di falda che potrebbe essere potenzialmente contaminata dal lisciviato prodotto dal contatto di acqua piovana con i materiali testati utilizzati per la realizzazione di un’opera civile. La procedura è stata applicata ai dieci materiali testati al fine di valutare la compatibilità ambientale in funzione di diversi scenari di utilizzo dei materiali testati.
SCENARI DI UTILIZZO DELLE CENERI PESANTI R. Sono stati definiti tre tipologie di scenario di utilizzo rappresentative di scenari di: utilizzo dei materiali in forma non legata senza restrizioni (Scenario 0 “no restrictions”), come aggregato per sottofondi in applicazioni su grande scala (Scenario 1 “worst case”) o come aggregati per la realizzazione di sottofondi stradale (Scenario 2 “worst reasonable case”). Possiamo spiegare meglio le tre tipologie in base alle eventuali criticità? R. Per ciascuno degli scenari ipotizzati sono stati calcolati i valori limite di concentrazione che risulterebbero compatibili con un rischio accettabile per la salute umana che sono stati confrontati con le concentrazioni massime rilevate per ciascun campione nelle diverse tipologie di test di lisciviazione effettuate. Sulla base di tale confronto è stata valutata la compatibilità ambientale dei materiali in funzione dello scenario di utilizzo previsto», ha affermato Verginelli. Nel caso dello scenario 2, ovvero dell’utilizzo del materiale come aggregato in forma non legata in sottofondi stradali, non sono state riscontrate criticità per nessuno dei parametri investigati per tutti i dieci campioni testati. Per il caso dello scenario dell’utilizzo del materiale in applicazioni su grande scala, la valutazione approfondita ha evidenziato alcune isolate criticità per alcuni campioni, mentre diverse criticità per tutti i campioni sono state riscontrate per lo scenario 0, caso limite, che considera un utilizzo direttamente nella falda acquifera del materiale. A conclusioni analoghe è giunto anche lo studio degli effetti eco-tossicologici dei materiali testati per organismi acquatici e terrestri.
LE PAROLE DELLA SCIENZA La parola del giorno LISCIVIAZIONE: il rilascio di potenziali inquinanti per l’ambiente e la salute umana quali metalli o sali dopo contatto prolungato con una soluzione