Il collasso degli edifici, o di parti di essi, non è causato solo da sismi, disastri naturali o incendi, ma può essere l’esito di vizi progettuali o costruttivi, di degrado, di obsolescenza funzionale e di uso improprio.
I recenti crolli che si sono verificati in Italia (nel 2018), concentrati in pochi giorni – il tetto di San Giuseppe dei Falegnami e un tratto della rupe Tarpea a Roma, il ponte sul Polcevera a Genova – hanno svelato la tragica fragilità del patrimonio monumentale, artistico e infrastrutturale, questi ultimi anche con inevitabili ricadute sul funzionamento e sull’economia delle città e sul loro rapporto con l’intorno regionale e il territorio nazionale.
Talvolta i crolli sono sopravvenuti (come nei casi procurati da incendi) in concomitanza con momenti di particolare vulnerabilità dell’edificio, vale a dire durante i cantieri di restauro o in seguito a interventi strutturali.
Alla sequenza di grandi imprese che costituisce la storia dell’architettura, andrebbe dunque aggiunta la serie di insuccessi costruttivi, altrettanto istruttivi, nonché fonte preziosa di esperienza per l’avanzamento della ricerca sperimentale e della tecnica costruttiva.
In tal senso, muovendo da alcuni eclatanti crolli dell’antichità, l’ideale compendio storico illustrato nel convegno indaga utilmente il non raro sbriciolamento di volte, cupole, torri e campanili (come i noti episodi di Venezia e Pavia), fino al collasso di alcuni ponti. Tali drammatici eventi rappresentano vivide testimonianze di momenti di crisi operativa, paradossalmente tanto ‘preziosi’ da incidere sullo sviluppo della successiva tecnologia edificatoria. Eppure, nonostante l’utilità di questo insegnamento, ben noto agli architetti del passato che ne trassero utili spunti di riflessione per l’affinamento di soluzioni progettuali e “astuzie del murare”, i crolli strutturali sono stati spesso sottaciuti o comunque poco documentati, rimanendo zone buie di conoscenza. Le stesse successive opere di ricostruzione, quando hanno avuto luogo, sono state approntate in regime di emergenza, compromettendo a volte l’autenticità materiale, strutturale e formale del documento architettonico.
Eventi tragici che, oltre all’alto costo in termini di vite umane e alle inevitabili polemiche sulle responsabilità, hanno riacceso il dibattito sull’immancabile questione della memoria, ma anche sulle analisi delle cause dei crolli, sulle pratiche d’intervento, sulle metodiche conservative, sul ripristino e, laddove necessario, sulla ricostruzione, quasi sempre indirizzata all’insegna dei com’era e dov’era
Tale complessa questione si lega inevitabilmente a visioni teoriche o ideologiche generate da considerazioni inerenti agli specifici valori materiali, tipologici, storici e simbolici dell’architettura, alimentando al contempo diffusi dubbi sulla compiuta conoscenza dei manufatti e della vita degli stessi.
Articolato in tre sessioni tematiche – organizzate in categorie di carattere generale attinenti alle variabili interne ai processi del progetto, della produzione e della manutenzione dell’architettura – e nel condiviso intento di superare le tradizionali divisioni disciplinari, il convegno si pone quale occasione di confronto su casi studio selezionati tra i più clamorosi episodi di crollo strutturale, al fine di sollecitare riflessioni utili all’avvio della redazione di una storia dei crolli strutturali nell’architettura di tutte le epoche.