di Pamela Pergolini
Il mondo dello sport della vela è divenuto popolare da molti anni grazie soprattutto alla “Amerca’s Cup”, competizione che suscita l’interesse mediatico anche perché a ogni edizione si susseguono innovazioni tecnologiche che catturano sempre più l’attenzione e la curiosità anche dei non appassionati.
Lo sviluppo di queste tecnologie, che hanno l’obiettivo il migliorare le prestazioni delle imbarcazioni in mare, è stato possibile grazie all’utilizzo di metodologie ingegneristiche ad alto contenuto tecnologico, molte di derivazione aerospaziale, che hanno consolidato nel tempo una sinergia fra team di progettazione e ambienti di ricerca.
Il Dipartimento di Ingegneria dell’Impresa “Mario Lucertini” dell’Università di Roma “Tor Vergata”, da sempre molto attivo nello sforzo di integrare strumenti derivati dal mondo della ricerca nei processi di progettazione delle realtà industriali, ha avviato un progetto di ricerca focalizzato sulla progettazione di catamarani sportivi, mirato a promuovere, mediante la realizzazione di un dimostratore, l’integrazione fra mondo della ricerca e applicazioni industriali.
il progetto, denominato “DemoFly”, si propone di sviluppare una metodologia di progettazione ad ampio spettro nella quale combinare la ricerca della migliore configurazione globale dell’imbarcazione con l’applicazione di strumenti “High Fidelity” per l’ottimizzazione delle vele e delle appendici. Il lavoro prevede lo sviluppo di metodologie di analisi delle prestazioni globali, l’ottimizzazione dei vari componenti, la validazione degli strumenti tramite costruzione di prototipi e le verifiche sperimentali.
Nel settore navale la ricerca del Dipartimento ha interessato anche l’aerodinamica delle vele e la progettazione delle “foil” per barche volanti grazie al lavoro di ricerca condotto dal Laboratorio Radial Basis Function di “Tor Vergata”.
«Il laboratorio – racconta Corrado Groth, ricercatore di Costruzione di Macchine, presso il Dipartimento di Ingegneria dell’Impresa di “Tor Vergata” – è focalizzato sull’utilizzo avanzato delle Radial Basis Functions (RBF), uno strumento matematico molto potente che può essere impiegato nei campi e nelle applicazioni dell’ingegneria più disparate, dall’ottimizzazione di forma per l’automotive o per l’aerospace allo studio dell’interazione fluido-struttura in ambito biomedicale».
Dalla primavera proseguono i test in mare, i primi erano partiti lo scorso inverno, del prototipo di vela che i ricercatori di “Tor Vergata” stanno sviluppando in collaborazione con la veleria Challenger di Senigallia.
«Per la progettazione della vela – spiega Marco Evangelos Biancolini, professore di Costruzioni di macchine presso il Dipartimento di Ingegneria dell’Impresa – stiamo sviluppando strumenti che accoppiano analisi strutturali e aerodinamiche in modo da operare sulla “flying shape”, ovvero la forma dell’oggetto deformato dal carico aerodinamico».
Le prove si svolgono nelle acque dell’alta Toscana dove regolarmente si allenano e si confrontano in regata i timonieri più esperti del circuito nazionale. Il gruppo, composto da campioni plurimedagliati, non solo in abito nazionale, rappresenta un contesto di altissimo livello nel quale verificare i progressi tecnologici. Le attività in mare prevedono la verifica sperimentale delle prestazioni del prototipo e la successiva ottimizzazione definendone le modifiche utilizzando gli strumenti che si svilupperanno nell’ambito del progetto.
«Il dimostratore tecnologico è il catamarano Classe A che costituisce un perfetto laboratorio sul quale testare metodi e soluzioni con investimenti moderati», afferma Ubaldo Cella, ricercatore Dipartimento di ingegneria dell’Impresa e velista molto attivo nel circuito delle regate nazionali. «Le regole di classe sono semplici e lasciano ampi margini alle innovazioni facilitando lo sviluppo di una delle derive più veloci e acrobatiche del panorama velico. I vincoli sono principalmente sul peso della barca, le dimensioni e la superfice velica. Pochi altri limiti pongono restrizioni sulle geometrie delle appendici».
«Non a caso molte delle soluzioni delle barche di Coppa America sono state recepite dal Classe A e gli stessi equipaggi lo hanno utilizzato come base di allenamento. Glenn Ashby, skipper di Emirates Team New Zealand, è stato più volte campione mondiale Classe A», aggiunge Marco Evangelos Biancolin.